Semplificazione degli standard di rendicontazione: progresso o compromesso?

05/12/2025

EFRAG, l'ente che si occupa dei pricnipi contabili a livello internazionale, ha comunicato la versione semplificata degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), imprimendo una svolta concreta nel modo in cui le imprese europee renderanno conto del proprio impatto ambientale, sociale e di governance (ESG). Il dato che colpisce è la riduzione della profondità informativa: si passa da oltre mille punti dati richiesti a 320, un taglio che ridisegna il perimetro del reporting e apre una discussione su che cosa significhi, oggi, “trasparenza” in finanza sostenibile. Il messaggio politico è chiaro: l’Europa vuole un impianto normativo più gestibile e meno costoso. Il dubbio, inevitabile, è se questa semplificazione riuscirà a salvaguardare la qualità delle informazioni decisionali attese da investitori e opinione pubblica.

A spingere in questa direzione è stata la combinazione fra istanze tecniche e pressione politica. Le imprese, non solo PMI, ma anche gruppi con presenza internazionale, hanno segnalato l’insostenibilità pratica di un sistema composto da oltre mille indicatori, con sistemi di raccolta e controllo dati non sempre maturi, filiere complesse e responsabilità di assurance crescenti. La Commissione europea, nel quadro più ampio del pacchetto di semplificazione Omnibus, ha chiesto di alleggerire gli ESRS mantenendo l’architettura del modello: la doppia materialità resta, l’ambizione normativa del Green Deal non viene formalmente rinnegata, ma si preferisce arrivarci con meno oneri ex ante e più selettività. Il risultato è un impianto più snello che affida alle aziende una maggiore capacità di concentrare gli sforzi su ciò che è davvero rilevante per il proprio business e per gli impatti salienti.

La riduzione non è stata cosmetica. Oltre alla potatura di indicatori ridondanti, alcune categorie informative sono state rese facoltative o spostate su un piano di materialità più rigoroso. La rendicontazione delle dipendenze dai servizi ecosistemici, fertilità del suolo, regolazione idrica, impollinazione, perde obbligatorietà uniforme, con un rischio di minore comparabilità tra settori ad alta intensità di natura. La scomposizione dei consumi energetici fossili per tipologia di combustibile risulta meno granulare, complicando il lavoro di chi monitora il ritmo di decarbonizzazione rispetto a scenari e budget di carbonio. Gli obblighi sull’analisi dei ritardi nei pagamenti alle PMI vengono snelliti, con l’obiettivo di ridurre il carico sulle funzioni finance, ma con la potenziale conseguenza di attenuare il presidio su un tema che impatta direttamente la resilienza delle filiere. Anche la disclosure sulle competenze dei consigli di amministrazione in materia ESG appare più sintetica, con la sfida di mantenere sostanza nella descrizione di supervisione e responsabilità senza appesantire il report.

Il cuore del nuovo impianto sta nel riallineamento tra ambizione e praticabilità. EFRAG ha raccolto un ampio feedback su costi, disponibilità dei dati e cicli di audit, inserendo meccanismi di sollievo mirati. Tra questi, la possibilità di invocare quello che in inglese viene definito undue cost (costo non dovuto) quando la raccolta di specifiche informazioni risulti sproporzionata rispetto al beneficio informativo, l’uso più guidato della doppia materialità per selezionare gli impatti e i rischi veramente significativi, e l’introduzione di disposizioni transitorie per scaglionare l’adozione dei requisiti più complessi. La promessa agli operatori è una curva di apprendimento più gestibile; la responsabilità implicita è però maggiore: dove si toglie dettaglio ex lege, aumenta il dovere di spiegare con rigore metodologico perché certe informazioni sono considerate non materiali o non praticabili.

Per il mercato dei capitali, la domanda è immediata: i 320 data point rimasti bastano per valutare in modo robusto performance, rischi fisici e di transizione, governance e strategia? La risposta dipenderà dalla qualità delle applicazioni, più che dal numero. Un report con meno indicatori può essere utile a prendere decisioni se la selezione è fatta con una materialità dimostrata, supportata da evidenze e da un controllo interno credibile. Al contrario, un uso opportunistico delle clausole di sollievo o della flessibilità sulla materialità potrebbe erodere la comparabilità e l’affidabilità; proprio ciò che gli standard europei hanno cercato di costruire negli ultimi anni in risposta ad accuse di green gloss, ovvero abbellimento verde.

Sul piano geopolitico degli standard, l’Europa gioca una partita di equilibrio. Il dialogo con i principi internazionali tipo ISSB, l’organismo internazionale creato dalla IFRS Foundation per definire standard globali di rendicontazione della sostenibilità a rilevanza finanziaria, richiede un livello informativo sufficiente a evitare divergenze percepite come regressive. Una semplificazione che non comprometta la sostanza può favorire convergenze e ridurre gli oneri duplicati per i gruppi con reporting multi‑framework. Una semplificazione che crei lacune visibili, invece, accentuerebbe il rischio di arbitraggio normativo e ridurrebbe l’attrattività dell’ecosistema europeo per capitali orientati a lungo termine. La posta in gioco non è solo contabile: è il posizionamento del mercato europeo come benchmark credibile di trasparenza e accountability.

Per investitori e analisti, la strategia cambia ma non si alleggerisce. Con meno disclosure standardizzate, crescerà il peso del confronto qualitativo: verificare la coerenza tra rischi dichiarati, target e capex, tra piani di transizione e performance effettive, tra impegni su natura e pratiche di approvvigionamento. La domanda di assurance continuerà ad aumentare, così come l’attenzione alle metriche settoriali che possano colmare eventuali vuoti di comparabilità. In parallelo, i fornitori di dati dovranno adattare modelli e coperture per evitare che gli indici ESG scivolino verso la superficialità proprio mentre la finanza pubblica e privata chiede ancoraggi più solidi.

Il calendario politico‑regolatorio entra ora in una fase sensibile. Con l’annuncio di EFRAG, la palla passa alla Commissione europea per la trasformazione in atto delegato e l’avvio delle consultazioni di rito, con l’obiettivo di fornire alle imprese certezze applicative per i prossimi esercizi. Sullo sfondo, resta l’intento dichiarato di ridurre il carico burocratico senza indebolire gli obiettivi del Green Deal. Quando i report semplificati inizieranno a circolare, si constaterà se il nuovo equilibrio reggerà allo scrutinio dei mercati e dell’opinione pubblica.

In definitiva, la semplificazione degli ESRS è una scommessa sulla maturità del sistema: meno prescrizioni, più responsabilità; meno checklist, più sostanza. Se imprese e investitori sapranno riempire di qualità lo spazio aperto dalla riduzione degli indicatori, l’Europa potrà rivendicare un modello di trasparenza più agile e non meno efficace. Se invece lo spazio verrà colmato con discrezionalità poco motivata e disclosure di comodo, l’architettura rischierà di perdere la credibilità faticosamente costruita. Il bilanciamento tra progresso e compromesso, oggi, passa dalla disciplina con cui verranno applicate le nuove regole e dalla chiarezza con cui verranno raccontate.