Industria alimentare
Il settore alimentare italiano, un pilastro significativo dell’economia del Paese, ha iniziato a riconoscere l’importanza critica della sostenibilità. Questo cambiamento è in parte guidato dalla crescente consapevolezza delle questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), sebbene i tassi di adozione e l’entusiasmo varino ampiamente tra le aziende.
Con un fatturato annuo pari a 179 miliardi di euro (fonte: rapporto Federalimentare-Censis), l’industria alimentare italiana rappresenta oggi il principale settore manifatturiero del Paese, contribuendo per circa il 9% al Pil nazionale. Nonostante la sua rilevanza economica, il settore mostra non poche difficoltà nell’adozione delle pratiche di sostenibilità: sono ancora poche le imprese che le integrano nei propri modelli di business. Secondo un recente studio (fonte: CRIF Ratings), il 95% delle aziende alimentari italiane ha infatti punteggi ESG negativi o pessimi.
Le principali tematiche che riguardano la filiera agroalimentare si suddividono in: tematiche ambientali, come le elevate emissioni di CO2 e l’inquinamento delle acque; tematiche sociali, come la precarietà lavorativa e la diffusione di impieghi stagionali; tematiche di governance, come la mancanza di modelli di gestione strutturati e trasparenti.
Nonostante queste criticità, alcune aziende hanno fatto progressi significativi. Delle 87 imprese analizzate, solo quattro hanno adottato il Report di Sostenibilità. Queste aziende, principalmente attive nel settore della pasta e prodotti correlati, sono accomunate dalla forma societaria e hanno adottato il Report di Sostenibilità tra il 2018 e il 2022.
I temi materiali affrontati sono diversi. I più ricorrenti vanno dall’efficienza energetica alla lotta contro lo spreco alimentare, dall’economia circolare alla cura per la comunità e il territorio, dal packaging sostenibile alla promozione della biodiversità.
Solo tre dei quattro Report di Sostenibilità in esame fanno riferimento esplicito ai Sustainable Development Goals (SDGs), gli obiettivi definiti dalle Nazioni Unite. Tuttavia, anche quando non vengono citati, sono indirettamente richiamati nell’esposizione dei temi materiali. Gli SDGs che compaiono con maggiore frequenza nel campione e che quindi risultano centrali per il settore alimentare sono: 2 – Sconfiggere la fame, 3 – Salute e benessere, 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica, 9 – Imprese, innovazione e infrastrutture e 12 – Consumo e produzione responsabili.
Infine, i KPIs tenuti in considerazione appartengono a quattro categorie: indicatori economici, come valoreeconomico e fatturato; indicatori ambientali, come emissioni e consumi; indicatori sociali, come episodi di non conformità e infortuni sul lavoro; e indicatori di governance, come diversità ed episodi di corruzione.
La limitata adozione dei Report di Sostenibilità è sicuramente in parte dovuta al significativo investimento richiesto. Le imprese hanno infatti bisogno di sufficienti entrate per supportare sia le iniziative di sostenibilità sia il processo di reporting. Tuttavia, in futuro, il crescente focus sui fattori ESG potrebbe spingere più aziende a adottare pratiche di sostenibilità, specialmente man mano che gli stakeholder – come clienti, fornitori, dipendenti e comunità locali – richiedono maggiore responsabilità.
In conclusione, sebbene l’adozione dei Report di Sostenibilità nell’industria alimentare italiana sia ancora in una fase emergente, la tendenza sta guadagnando slancio. Man mano che più aziende riconoscono il valore delle pratiche sostenibili, il settore vedrà probabilmente un’integrazione più ampia e profonda dei principi ESG, aprendo la strada a un futuro più sostenibile.
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