Benchmark di sostenibilità. Fase 4: Interpretazione dei sustainability performance gap

Year: 2025

Dopo aver discusso dell’importanza del benchmarking di sostenibilità e le modalità di selezione dei competitor, proponiamo una metodologia di analisi dei dati emersi dal confronto. L’obiettivo non è emettere un giudizio su un’azienda (“migliore” o “peggiore”), ma evidenziare le distanze (i gap) rispetto ai competitor per offrire una base di lettura più immediata e un’indicazione delle aree di possibile miglioramento.

Fase 4: Interpretazione dei sustainability performance gap

Come interpretare i dati del benchmark?

Nel contesto finanziario, capire se una performance sia positiva o negativa è di solito piuttosto semplice. Un Return on Assets (ROA) del 30% rispetto a uno del 5% indica chiaramente quale azienda stia generando un rendimento superiore sugli investimenti. Analisti, investitori e manager sono abituati a leggere questi numeri e a trarne conclusioni coerenti con la redditività e la solidità economica dell’impresa. 

Quando però si passa a valutare parametri di sostenibilità, come le emissioni di CO₂, i consumi idrici, la percentuale di rifiuti riciclati o le metriche sociali e di governance, l’interpretazione diventa meno immediata. Se un’azienda dichiara di emettere 5 tonnellate di CO₂ e un’altra 10, come possiamo valutare la differenza? È sufficiente osservare che 5 è la metà di 10 per concludere che la prima sia più sostenibile?

In questo scenario, la Relative Performance Evaluation rappresenta uno strumento di analisi essenziale: consente di confrontare le prestazioni di un’azienda con quelle dei competitor, mostrando come e in che misura questa si posizioni su specifici indicatori ESG. 

Dopo aver discusso dell’importanza del benchmarking di sostenibilità e le modalità di selezione dei competitor, proponiamo una metodologia di analisi dei dati emersi dal confronto. L’obiettivo non è emettere un giudizio su un’azienda (“migliore” o “peggiore”), ma evidenziare le distanze (i gap) rispetto ai competitor per offrire una base di lettura più immediata e un’indicazione delle aree di possibile miglioramento.

 

Con chi confrontarsi?

Una volta individuati gli indicatori di sostenibilità più rilevanti, è essenziale definire il parametro di riferimento con cui confrontare le performance. Nel contesto della Relative Performance Evaluation, le principali alternative sono tre:

  1. best performer: ogni azienda viene paragonata alla migliore prestazione registrata nel campione di riferimento. Se, per esempio, l’azienda X presenta il valore più basso di emissioni di CO₂ per unità di prodotto (il più virtuoso), essa diventa il modello con cui confrontare le altre. Questo approccio mette in luce sia le eccellenze di mercato sia i potenziali margini di miglioramento;
  2. media o mediana: in alcuni casi, può risultare più appropriato utilizzare come riferimento la “posizione centrale” (media o mediana) del gruppo di società comparabili. Così facendo, si attenua l’effetto di valori estremamente elevati o bassi, spesso legati a risorse o tecnologie peculiari, rendendo il confronto più equilibrato;
  3. target esterno: un’ulteriore opzione consiste nel confrontarsi con un obiettivo definito all’esterno, come il traguardo Net Zero al 2050, o un valore-soglia stabilito da normative o standard internazionali, come gli Accordi di Parigi. Questa scelta è utile quando si desidera misurare i progressi verso requisiti legislativi o traguardi condivisi su scala globale.

Tra queste tre soluzioni, il riferimento al best performer risulta spesso il più immediato per le decisioni manageriali, poiché consente di individuare rapidamente chi ottiene la prestazione migliore, fissare un obiettivo di convergenza realistico e trarre spunti di apprendimento dalle best practice di chi eccelle.

 

Come calcolare e mostrare i gap di performance?

Il concetto di gap indica la distanza, in termini di prestazioni, tra un’azienda e il proprio riferimento di confronto, che, come abbiamo visto, può essere il miglior competitor (best performer), la media di settore o un obiettivo esterno (per esempio un target normativo). 

Il calcolo dei gap può avvenire in forma assoluta (come differenza diretta tra due valori) oppure in forma percentuale (come scostamento in punti percentuali dalla performance di riferimento). La scelta tra le due modalità dipende spesso dalla natura dell’indicatore e dalla necessità di rendere i dati più facilmente confrontabili.

Una volta determinati i gap, esistono diversi modi per rappresentarli. Una tabella comparativa è il modo più immediato: elenca i valori dei KPI per ciascuna azienda e, accanto, evidenzia lo scostamento rispetto al riferimento. In alternativa, un grafico radar (o spider) offre una visione d’insieme più intuitiva, specialmente quando si confrontano numerosi indicatori. In questo tipo di grafico, ogni asse corrisponde a un KPI e la distanza dal centro indica il livello di performance rispetto allo standard selezionato. Questo approccio visivo permette di individuare a colpo d’occhio sia le aree di eccellenza, dove l’azienda si avvicina al best performer, sia quelle critiche, dove il divario è più ampio.

 

A cosa serve analizzare i gap con i competitor?

Adottare una Relative Performance Evaluation in ambito ESG consente al management di comprendere con maggiore chiarezza come l’azienda si posizioni rispetto ai competitor e di individuare le priorità di intervento. Per esempio, un’impresa potrebbe risultare molto performante sul fronte delle emissioni di CO₂, presentando un gap ridotto rispetto al best performer, ma allo stesso tempo presentare uno scostamento significativo nel consumo idrico. Questi dati, se interpretati correttamente, aiutano a indirizzare risorse e investimenti verso le aree più critiche, supportando il miglioramento dell’azienda in modo mirato. 

L’analisi dei gap con i competitor svolge anche una funzione diagnostica, mostrando, per ciascun indicatore, quanto l’azienda sia lontana da uno specifico valore di riferimento e in quale direzione occorra muoversi. Allo stesso tempo, non esiste un criterio assoluto che stabilisca se un divario sia “accettabile” o “critico”: la valutazione finale dipende dal contesto di business e dagli obiettivi strategici che l’impresa si è posta. Ciò che rende questa metodologia particolarmente preziosa è la possibilità di quantificare la sostenibilità con la stessa logica delle metriche finanziarie, fornendo numeri chiari su cui basare scelte manageriali e piani di miglioramento continuo. 

Il valore aggiunto di questo modello di analisi risiede nella sua semplicità. I risultati possono essere facilmente integrati nei processi decisionali e di monitoraggio, favorendo un approccio incrementale al miglioramento delle prestazioni ESG. In un contesto in cui la sostenibilità assume un ruolo sempre più centrale, la Relative Performance Evaluation offre un quadro di riferimento solido, trasparente e orientato all’azione, capace di guidare le aziende verso obiettivi ambientali, sociali e di governance sempre più ambiziosi e misurabili.

Completata l’analisi dei gap, il passo successivo consiste nell’estendere il confronto ai sistemi di incentivazione del management, così da valutare in che misura la governance supporti o limiti l’effettiva integrazion