Settore energetico
Il settore energetico italiano è altamente influenzato dalla transizione verso un’economia a basse emissioni. Gli Stati membri dell’Unione europea sono infatti chiamati a incrementare l’utilizzo di fonti rinnovabili come parte integrante della strategia di decarbonizzazione ed efficientamento energetico. Una tendenza che è confermata dagli investimenti effettuati a livello globale.
Il settore energetico italiano, classificato sotto il codice Ateco 35, comprende oltre 9.000 imprese che operano nella produzione, distribuzione e fornitura di varie forme di energia, inclusi combustibili fossili e fonti rinnovabili come il solare e l’eolico. Nel 2022, il settore ha generato un fatturato di 643,8 miliardi di euro, segnando una crescita del 55% sul 2020.
Se da un lato gli effetti delle tensioni geopolitiche sulla disponibilità di gas naturale e sulla volatilità dei prezzi hanno comportato un impatto significativo sul settore, dall’altro lato le nuove iniziative adottate da diversi paesi e il progressivo allineamento tra obiettivi climatici e di sicurezza energetica hanno favorito gli investimenti in fonti di energia pulita.
Nel 2023, gli investimenti globali nel settore energetico hanno raggiunto circa 2,8 trilioni di dollari, con il 61% destinato a energia pulita, stoccaggio, reti, nucleare, combustibili a basse emissioni ed efficienza energetica.
Nonostante le sfide, il settore energetico rimane redditizio. Lo dimostrano i risultati economici delle imprese operanti nel settore. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) rappresenta in questo senso un’ulteriore opportunità. Alcune regioni, come Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Basilicata, oggi coprono il loro fabbisogno elettrico completo attraverso fonti rinnovabili e sono in grado di trasferire un surplus di energia pulita verso altre località.
Nella nostra analisi, abbiamo considerato unicamente le aziende milanesi con ultimo bilancio disponibile al 31 dicembre 2022. In questo modo, abbiamo selezionato un campione di 85 imprese. Tra queste, cinque aziende (il 6% del campione) hanno iniziato a pubblicare bilanci di sostenibilità di recente. Queste imprese, tra le prime 25 per fatturato, si impegnano a promuovere l’uso sostenibile dell’energia e le fonti rinnovabili. Tre hanno adottato il report di sostenibilità grazie alla spinta data dal PNRR, mentre due già lo pubblicavano dal 2017. Altre 24 aziende (il 28% del campione) fanno invece parte di gruppi che redigono questo documento.
Tutte le aziende esaminate, indipendentemente dal tipo di documentazione, seguono gli standard del Global Reporting Initiative (GRI), il riferimento internazionale per il reporting sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG), e non dimenticano di citare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs).
I temi chiave trattati nei documenti presi in esame comprendono la matrice di materialità, l’analisi degli stakeholder e i KPI economici, sociali e di governance. Abbiamo osservato che le aziende che includono la matrice di materialità hanno effettuato un’analisi singola e individuano oltre dieci temi materiali, principalmente sulla transizione ecologica, tutela della biodiversità e riduzione delle emissioni. L’individuazione dei temi materiali avviene tramite l’analisi del beneficio su economia, società e ambiente, coinvolgendo stakeholder come clienti, dipendenti, azionisti e partner commerciali.
Alcune aziende hanno inoltre avviato collaborazioni con atenei e consorzi universitari per innovare nel campo energetico. Eni Plenitude, per esempio, ha avviato un progetto con il Politecnico di Milano per lo Smart Mobility Report, un osservatorio sul mercato della smart mobility. Infine, solo due aziende hanno fatto verificare i loro bilanci di sostenibilità da un’organizzazione esterna, aumentando così l'attendibilità delle informazioni riportate.
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